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di MADDALENA MAZZESCHI, 10 Novembre 2021
Rudi Bindella fin dal 1983, quando ha acquistato il primo vigneto a Montepulciano e iniziato a produrre Vino Nobile, ha rappresentato uno stile al passo con i tempi per questa Denominazione che allora vedeva un numero davvero limitato di aziende di qualità.
Di nazionalità svizzera, erede di un’azienda di importazione vini di livello altissimo (ancora oggi tra le più ambite dai produttori italiani), titolare di un ristorante italiano top a Zurigo, anche nella nuova avventura a Montepulciano dimostrò da subito di avere le idee chiare.
Invitati, nella nuovissima cantina, ad una verticale dal 2010 al 2018 de “I Quadri” e del “Vallocaia”, a pranzo abbiamo assaggiato anche il suo Nobile 1985, prima annata di produzione, che a distanza di 36 anni racconta la storia di qualità intrapresa da subito.
Ma veniamo, appunto, alla verticale. Le stesse cinque annate 2018-2016-2015-2013-2010 per i due vini, un Nobile 100% Sangiovese I Quadri e un Nobile Riserva da 90-95% Sangiovese e 5-10% Colorino il Vallocaia. L’agronomo ed enologo dell’azienda Giovanni Capuano ci spiega che lo stile di vinificazione è pressoché lo stesso e quindi a fare la differenza tra i due vini, a parte la differenza di uvaggio, sono solo l’età dei vigneti (circa 20 per I Quadri e dai 23 ai 30 per Vallocaia) e soprattutto il tipo di terreno e la sua posizione.
Il vigneto Santa Maria dove si produce I Quadri si trova in zona Sanguineto, i terreni sono di tipo argilloso-limoso, mentre i terreni del Vallocaia in zona Argiano sono sabbiosi di medio impasto. La loro grande differenza, pur essendo ad una minima distanza in linea d’aria, è ben visibile nelle due foto di seguito
E’ davvero impressionante anche la differenza organolettica eppure entrambi sono molto riconducibili al territorio di Montepulciano e questo ritengo sia la grande forza dell’azienda.
Ma è lo stile del Vallocaia a piacermi di più. E’ un Nobile-Nobile, scusate la ripetizione voluta, cioè il vino che mi aspetto da Montepulciano: non solo Sangiovese ma con quel tocco di Colorino che lo rende meno brunelleggiante. Se pur anche I Quadri è, come dicevo prima, riconducibile all’area di Montepulciano, il Vallocaia non lascia dubbi sulla provenienza, grazie all’eleganza, alla rotondità alla gestione dei tannini che in quest’area rischiano di farla da padroni per un sacco di anni e per questo più piacevole fin da adesso. Forse I Quadri avrà vita più lunga, ma Vallocaia, a parità di annata, è già godibile, se non con il 2018, che infatti ha davanti un altro anno di bottiglia prima di essere immesso in commercio, almeno con il 2016 e ovviamente ancor più con le annate più vecchie.
Il top della degustazione è stato per me il 2010 Vallocaia, al quale ho attribuito quattro stelle e mezzo. E’ un vino dal naso ancora molto molto giovane e incredibilmente fruttato (frutta rossa matura, ma non ancora troppo evoluta), con una bocca rotonda, ricca e di grande bevibilità. Nella serie de I Quadri il 2015 con le sue quattro stelle è stato il mio vino preferito.
Al termine della degustazione sono state tante le domande dei presenti perché l’idea di far assaggiare pari annata da due terreni così diversi è stata molto stimolante. Voglio però riportare una coraggiosa risposta di Capuano, molto fuori dal coro, che condivido al 100% (o al 110% visto il periodo…) e che riguarda i vigneti vecchi.
L’idea generalizzata è che dai vigneti molto vecchi si ottengano uve migliori. Capuano ha invece detto che bisogna però fare un distinguo: un conto i vigneti di 20-30 anni fatti con cloni, sesti di impianto, sistemi di allevamento, zonazioni più o meno articolate, e un conto i vigneti della vecchia generazione dove ormai sono rimaste un massimo di 1500-2000 piante (delle 2400 iniziali) per ettaro dove non si sa nemmeno cosa sia stato piantato. A parte la cura che questi ultimi richiedono da parte di operai di grande esperienza e conoscenza, al momento della vendemmia Capuano ha detto di dover passare nel vigneto ben quattro volte: prima per il diradamento dato che spesso si tratta di vitigni molto produttivi, poi le uve bianche (che l’azienda usa per il Vin Santo), poi i vitigni rossi più precoci e poi il Sangiovese. Tralasciando la questione costi (che comunque non si può trascurare) il problema è soprattutto la manodopera specializzata in grado di selezionare le uve. Quindi se hai un ettaro e i membri della famiglia o i collaboratori stabili dell’azienda sono in grado di fare questo lavoro, magari le uve sono effettivamente migliori, ma nella maggioranza dei casi non è così. Insomma va bene la poesia del vigneto vecchio, ma anche la tecnica ha il suo peso.
La nuovissima sala di degustazione, con una parete completamente a vetri che si apre su una spettacolare vista di Montepulciano, è stata anche la sede del pranzo che è seguito per mostrare agli ospiti la qualità della ristorazione di cui si può godere nell’azienda di Rudi Bindella.
Sono queste le aziende con tutte le carte in regola per rendere di nuovo grande la Denominazione Vino Nobile di Montepulciano.
foto credits Alessandro Moggi